domenica 14 dicembre 2014

ODOARDO BORRANI

Viste le innumerevoli visualizzazioni voglio rilanciare con il nostro ODOARDO BORRANI... come poter dire di no a cotanto popò di artista??? E allora avventuriamoci nella sua biografia...
Odoardo Borrani nacque a Pisa (nooo era Pisano???) nel 1833 e morì a Firenze nel 1905.
Il padre lavorava come disegnatore e acquerellista alle tavole dell'Atlante anatomico del Mascagni.
A sei anni si trasferì con la famiglia a Firenze. Qui, avendo rivelato una grande passione ed una precoce predisposizione per la pittura, fu fatto studiare dal padre sotto la guida autorevole di gaetano Bianchi, suo vecchio compagno d'armi nella Guardia Civica, che allora restaurava il Chiostro Verde di Santa Maria Novella.
Borrani esordì pertanto copiando gli affreschi di paolo Uccello, di Simone Memmi, del Ghirlandaio e di Giotto in Santa Croce, e tale noviziato è fondamentale per la comprensione della sua grammatica figurativa che, se si andò progressivamente orientando verso le nuove ricerche di luce e di colore del movimento macchiaiolo, conservò pur sempre un'impostazione rigorosa di disegno e di prospettiva, legata appunto a questa sua formazione sui primitivi e sui quattrocenteschi toscani.
Nel 1851, all'età di diciotto anni, si iscrisse all'Accademia dove ebbe come maestri due fra i più autorevoli pittori del momento: Bezzuoli e Pollastrini. Nel frattempo entrò in rapporti con Telemaco Signorini (al fratello Egisto, pur valente pittore, aveva richiesto alcune tavole di anatomia su cui esercitarsi) no quasi sempre gli stessi di cui divenne intimo amico.
Loro due ed il Cabianca (conosciuto dal Borrani nel 1853 al Caffè dell'Onore in Borgo La Croce) costituirono il nucleo del futuro sodalizio artistico del caffè Michelangiolo. Insieme, con passione quasi fanatica, dettero l'avvio agli studi dal vero in campagna; anzi i loro rapporti diventarono così stretti che i soggetti da essi scelti erano quasi sempre gli stessi e anche il modo di rappresentarli era a tal punto simile che riesce oggi difficile attribuire al Signorini o al Borrani la paternità di molti disegni di quel periodo. Contemporaneamente all'impegno verso il realismo, iniziò anche una vasta produzione di quadri storici portata avanti per tutta la vita.
Nel 1855 partecipò al Concorso triennale col Veglione mascherato al Teatro della Pergola, eseguito sotto la direzione del Bianchi,
Nel 1858 vinse il concorso dell'Accademia con Lorenzo il Magnifico che si rifugia nella Sagrestia del Duomo (in cui tenne presenti i suggerimenti del Pollastrini).
La guerra del '59 vide impegnati come volontari gli inseparabili Borrani, Signorini, Diego Martelli e molti altri pittori di quella cerchia. E tuttavia la pittura non fu per questo dimenticata: si pensi agli album da disegno del Borrani e ai taccuini del Garda di Signorini che dimostrano ancora una volta identità di soggetto.
Chiusa l'esperienza bellica, il Borrani continuò la produzione di quadri storici, fra cui Michelangelo che dirige le fortificazioni di Firenze (1861) e la grande tela del Medioevo (1864), conservata a Firenze nella Galleria di Arte Moderna; nel contempo si legò sempre più strettamente agli altri macchiaioli. Nel 1861 è a San Marcello, sull'Appennino Pistoiese, con Raffaello Sernesi, forse il più vicino a lui nel modo di dipingere; ed è spesso anche a Castiglioncello, ospite con amici, nella Villa di Diego Martelli. Dal 1862 inizia il periodo più felice della sua carriera artistica: nasce infatti la "Scuola di Pegentina", borgo alla periferia di Firenze che, scoperto dal Borrani e Lega, divenne ben presto il quartier generale delle ricerche dal vero condotte dai macchiaioli.
Dal 1865 Borrani si chiuse per 8 anni nell'isolamento di una sua casetta fuori Porta la Croce dove, secondo la testimonianza del Cecioni, "lavorava e studiava senza vedere nessuno, all'infuori dei pochi amici che andavano ogni tanto a trovarlo". Gli amici si chiamavano Lega, Signorini, Banti e Abbati. In questi anni concentrò specialmente la sua attenzione sul problema della luce, risolto con la semplicità e la purezza che costituiscono le sue doti migliori, senza quelle sterili minuzie che caratterizzano la sua ultima produzione. Un0idea dei suoi temi preferiti la si può avere scorrendo i cataloghi delle esposizioni: nel 1861 figurano all'Esposizione Italiana: Un motivo a San Marcello. La raccolta del grano sull'Appennino (già collezione Ojetti, Firenze) e Il 26 aprile 1859 in Firenze; nel 1865 un Castiglioncello, esposto alla Galleria di Arte Moderna di Firenze.
L'Arno, il Mugnone, le marine di Castiglioncello e gli orti di Pergentina sono i soggetti più frequenti dei suoi quadri; e con essi gli angoli della vecchia Firenze destinati ad essere presto abbattuti dal governo piemontese.
Nel 1876 Borrani e Lega, grazie ad una piccola eredità di quest'ultimo, organizzarono una Galleria d'Arte Moderna  nel Palazzo Ferroni in Piazza Santa Trinita, nei locali che prima erano sede del Gabinetto Viesseux.
Fallita l'iniziativa, Borrani si dedicò all'insegnamento presso l'Accademia e fece il decoratore di ceramiche alla manifattura di Doccia.
Negli anni '70/'80 collaborò anche all'"Illustrazione Italiana" commentando con rapidi schizzi fatti di attualità, come la visita a Firenze dei reali nel 1878 e l'inaugurazione del monumento al Tommaseo nella Piazza di Settignano, nel 1873.
I suoi soggetti preferiti in questo periodo furono rappresentazioni, un po' di maniera, del Ponte Vecchio, del Mercato Vecchio (prima della scomparsa), delle mura e delle porte della città cadute sotto il piccone demolitore dei Piemontesi negli anni 1865-1870.
Al 1880 risale una sua lunga escursione nella Romagna e nella campagna toscana da cui riportò vari bozzetti.
Negli ultimi anni aprì una scuola di pittura per giovani straniere, che gli permise di vivere decorosamente.

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Bibliografia
De Gubernatis 18
T Signorini Caricaturisti e caricaturati al Caffè Michelangiolo Firenze 1893
E Cecchi, O.B. in "Dedalo" 1826
U Ojetti I macchiaioli toscani nella raccolta Checcucci

VINCENZO CABIANCA

Via oggi ce l'ho "arta" coi pittori dell'800 e voglio rendervi eruditi quindi ora parleremo di Vincenzo Cabianca che nacque a Verona nel 1827 e morì a Roma nel 1902...
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Il Cabianca dopo aver frequentato le lezioni del Calliari all'Accademia Cignaroli di Verona, si iscrisse all'Accademia di Venezia, di cui seguì svogliatamente i corsi per un biennio, quindi si trasferì a Milano dove fu attratto dalla tematica di Induno. Avendo partecipato alla rivoluzione del '48, dovette riparare in Romagna; in seguito nel 1853 approdò a Firenze. Frequentatore del caffè dell'Onore, ebbe occasione di stringere rapporti di amicizia con il Signorini e il Borrani, entrambi più giovani di lui, dei quali condivise le proposte innovatrici per una pittura a "macchia". Insieme a loro mise su uno studio avviando così una serie di ricerche comuni portate avanti anche nelle riunioni al caffè Michelangiolo.
Nel 1855 espose alla Società di Belle Arti l'Uva Matta e in breve tempo divenne uno dei più fervidi sostenitori delle nove tendenze luministiche: la sua opera Porcile al sole, che risale al 1859, lasciò sorpreso lo stesso Fattori.
In quello stesso anno lavorò con Banti a Montemurlo e a Piantavigne, nel 1860, assieme al Banti e al Signorini, operò a La Spezia. Nel 1861 partecipò all'Esposizione Nazionale a Firenze (dove presentò Il Mattino, Ferriera nella Versilia e Novellieri Fiorentini del 1300)  e all'Esposizione  di Torino (con Le monachine, uno dei temi prediletti dell'artista).
Da Torino, sempre in compagnia del Banti e del Signorini, si trasferì a Parigi dove ebbe modo di ammirare le opere del Décamps e conobbe personalmente, tramite Nino Costa, il Troyon e il Corot.
Dal 1863 al 1868 visse a Parma, pur mantenendosi sempre in contatto con l'ambiente fiorentino.
Nel 1866 espose di nuovo alla Promotrice di Firenze.
Nel 1868, chiamatovi dal Costa, si stabilì a Roma di cui amò ritrarre la campagna in quadri di piccole dimensioni ispirati al gusto dei macchiaioli.
Verso il 1880 tuttavia i suoi quadri si fecero descrittivi, assumendo nel contempo una tonalità malinconica. In questo periodo perfezionò anche la tecnica dell'acquerello, che aveva iniziato a sperimentare durante il suo soggiorno parmense e , nel 1876 figurò fra i fondatori della Società degli Acquerellisti.
La sua nuova produzione comparve in varie personali tenute a Londra (ad iniziare dal 1881) con notevole successo.
Nel 1883 partecipò all'Esposizione Nazionale di Roma; nel 1885 presentò dieci se opere alla Mostra dell'Associazione "In Arte Libertas". Nel 1888 fu tra gli illustratori dell'Isaotta Guttadauro di D'Annunzio. Colpito da pèaralisi nel 1893, dovette interrompere la sua attività ma rimase, insieme all'amico Costa, uno dei personaggi più ascoltati dagli artisti delle nuove generazioni che si riunivano al Caffè Greco

Bibliografia
Catalogo dell'Esposizione degli Amatori e Cultori di Belle Arti, Roma 1902 (retrospettiva di V. C.)
R. Pantini, V. C., in "Emporium", 1902
A Cecioni, Scritti e Ricordi, Firenze 1905;
Thieme Becker, 1907

OSCAR GHIGLIA

E ora visto che sono in vena parliamo pure di Oscar Ghiglia! AND AS USUAL IF YOU WANT ME TO TRANSLATE THIS PAGE FOR YOU, JUST ASK ME!!!!

Oscar Ghiglia nacque a Livorno nel 1876 e morì a Firenze nel 1945.
Figlio di un granatiere piemontese venuto in Toscana nel 1860 e presto orfano, fu costretto a far ogni sorta di lavoro: operaio in fonderia, garzone di fruttivendolo a Pistoia, commesso di merciaio a Viterbo e, infine, venditore ambulante. Iniziò a disegnare con le matite che vendeva e poi stabilitosi a Livorno, si perfezionò frequentando il Lloyd ed il Vinzio.
Nel 1900 si trasferì a Firenze, dove Giovanni Fattori gli fu amico e consigliere. Nonostante questi contatti il Ghiglia può essere considerato un autodidatta ed evitò anche i giovani artisti toscani che mantenevano in voga la tradizione macchiaiola o si facevano fedeli della moda dell'impressionismo. Andò  formandosi con tempo una buonacultura letteraria, frequentò gli scrittori del "Leonardo" e della "Voce", divenendo amico di Papini, di Prezzolini, di Amendola. In questo periodo prestò fuggevolmente attenzione alle tarde tendenze preraffaellite di gusto dannunziano, ma trovandole troppo lontane dal sua carattere, le abbandonò presto. Portò quindi avanti le sue ricerche personali volte ad "una pittura basata sulla chiarezza e solidità" (Galletti). Esordì nel 1901 con un autoritratto che alla Biennale di Venezia gli procurò consensi, rinnovati nel 1903 con ritratto della moglie e nel 1905 con Ava e il ritratto della signorina Bertina Merzbacher.
In quegli anni fu presente anche alla New Gallery di Londra, alle Primaverili fiorentine del 1901, 1902 e 1903 ed all'Esposizione Internazionale di Saint Louis. Fino a quel momento aveva dipintosoprattutto ritratti. Sopraggiunse quindi una pausa di ripensamento e di chiarificazione durante la quale, anche se invitato da più parti, non intervenne ad alcuna manifestazione artistica.
Dal 1905 al 1919 visse a Livorno e lavorò a Castiglioncello, rifugio di tanti pittori macchiaioli.
Ritornò quindi a Fireze dove visse in luoghi appartati, il Colle di Arcetri e Maiano.
Frattanto aveva preso a dipingere interni e nature morte.
Nel 1928 alla Galleria Pesaro di Milano tenne una mostra "di famiglia" insieme con i figli VAlentino e Paulo.
Ghiglia fu anche critico e scrittore; ha lasciato tra l'altro una biografia di Fattori (Firenze 1913). Nel 1948 alla Mostra dell'Ottocento Livornese furono presentate Natura Morta, Donna in azzurro, Donna alla toilette, e, nello stesso anno ala Quadriennale, Ragazza cob la pelliccia , Ragazzo sulla terrazza, Natura morta e Nudo con la chitarra.
Opere sue si trovano soprattutto a Firenze in collezioni private e alla Galleria d'Arte Moderna.
Altre sono nella Galleria d'Arte Moderna di Milano, nella collezione Rolleri di Buenos Aires, nella Galleria d'Arte di Detroit ed in quella di Lima.

Bibliografia
"Florentia", 1906 (G. Caprini)
"Vita e Arte", 1908 (G. Papini)
"Dedalo" 1920-1921 (U Ojetti)
Ritratti di artisti italiani, 1923 (U. Ojetti)
"Art in America", 1930 (D. Cinelli)
Pittori Italiani contemporanei, 1934 (V. Costantini)
La Galleria d'arte moderna di Milano, 1935 (G. Nicodemo - M. Bezzola)

LORENZO GELATI

Oggi parleremo di Lorenzo Gelati nato a Firenze nel 1824 e morto a Firenze nel 1893.
Dedito agli studi letterari, solo in un secondo tempo passa alla pittura, ed i suoi primi quadri risultarono sensibili all'influenza dell'ungherese Carlo Markò, che allora viveva a Firenze e che fu suo maestro. Entrato poi nel giro dei pittori che facevano capo al caffè Michelangiolo, fu attratto in particolare dalla pittura del Sernesi; e da allora nella sua pittura si ritrovano i segni dei nuovi ideali pittorici allora in discussione. Nel 1853 insieme con Serafino De Tivoli capeggiò il gruppo di pittori che - ritiratisi a Staggia, una delle zone più suggestive e pittoresche del Senese, per dipingere direttamente dal vero, prendendo a modello la Scuola di Barbizòn e la pittura dei paesaggisti romantici inglesi che iul De Tivoli stesso avevav ammirato nei suoi viaggi in Francia e Inghilterra - presero il nome dal luogo e si dissero il Gruppo di Staggia.
Ne facevano parte il siciliano  Liardo, i pugliesi Altamura e La Volpe, il Ferri di Pisa, Carlo Ademollo e i due figli di Carlo Markò, quasi tutti allievi del vecchio pittore ungherese. Il Gelati dipinse quadri storici e numerosi ritratti, ma si dedicò soprattutto ai paesaggi riportando sulle sue tele con amorosa cura le vedute più caratteristiche e suggestive di Firenze e della Toscana. Nel 1860 espose due paesaggi all'Esposizione Italiana tenutasi a Firenze. Nel 1866, sempre insieme con altri macchiaioli, partecipò all'Esposizione della Promotrice. Nel 1883 espose a Roma, insieme con un altro dipinto, Interno del Refettorio dell'ex convento di San Domenico di Fiesole, nel 1894 espose a Torino Ponte Vecchio. Egli rimase ingiustamente ignorato perchè alcuni suoi dipinti furono un tempo attribuiti all'Abbati, al Borrani, al Lega o al Sernesi, e così la sua opera non fu nè studiata né documentata. Tra le sue pitture più note: San Miniato al Monte, Dintorni di Firene, Veduta di Massaciuccoli. Sue opere sono conservate  nel Museo "Firenze com'era" di Firenze, nella Galleria d'Arte Moderna di Prato e di Roma, ed in collezioni private di Firenze e Livorno.

Biografia
De Gubernatis, 1889; Thieme -Becker, 1907; L. Callari, Storia dell'Arte Contemporanea italiana, Roima 1909; "Rassegna Contemporanea", 1911; Galletti Camesasca, 1951; U. Galletti, Pittori e valori dell'Ottocento, Milano 1961; Catalogo Bolaffi,  1969; B.M. Bacci L'ottocento dei Macchiaioli; Comanducci, 1970

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mercoledì 27 agosto 2014

Il Colacicchi in mostra a Firenze

Sicuramente una bella mostra da visitare. http://www.giovannicolacicchi.com/bardini-exhibit-florence-2014-it/

La secchiata di acqua ghiacciata (ice bucket) ci ha scassato gli zibidei

tutti questi vip o pseudo tali che si tirano secchiate d'acqua... ma poi siamo sicuri che i soldi vadano davvero in aiuto della ricerca per la SLA? mah io ho i miei dubbi... forse all'inizio l'intento era quello. Adesso mi pare un modo per attirare l'attenzione su di sè da parte di qualche personaggio pubblico che ha bisogno di un po' di notorietà. Che tristezza infinita

TIME FOR LIFE

http://www.time4life.it/

Spenderò poche parole ma mi sembrano seri, affidabili e di gran cuore... io credo che contribuirò in qualche modo... fatelo anche voi

BIMBY sì o BIMBY no???

Io l’ho comprato… l’ho comprato non so nemmeno perché… forse per la bramosia di fare la pasta frolla fatta da me e non comprata dopo che le uniche volte che ho provato a farla veniva fuori un mappazzone informe e duro come una roccia marmorea impossibile da lavorare, o per la soddisfazione di fare una besciamella come si deve invece che un blob grumoso, oppure la crema dolce fatta in casa anziché vedere un liquame giallo inutilizzabile… per il resto prima dell’era Bimby cucinavo normalmente con la pentola a pressione (con la quale peraltro continuo a fare il ragù perché ché ché se ne dica il ragù bollito del bimby a me fa abbastanza senso), con le padelle antiaderenti e per tritare formaggi o fare farine utilizzavo un fantastico mixer della mulinex vecchio come il cucco che ha fatto il suo dovere finchè un piovoso giorno di autunno del 2013 non è entrato il Bimby in casa nostra… adesso fa capolino da un’alta mensola di cucina sulla quale non poso mai il mio sguardo a causa dei sensi di colpa che mi attanagliano per aver abbandonato quel fido scudiero, il gondrano di anni di esperimenti culinari… io il bimby lo uso… ho imparato ad usarlo… ci faccio spesso i risotti (che inizialmente venivano acquosi tanto da indurmi in tentazione di riutilizzare la pentola visto che mi venivano buoni lo stesso), ci faccio la pasta risottata ogni tanto, ci faccio gli impasti per la pizza (ok lo so quelli si fanno anche con la planetaria, in ogni caso anche col bimby hanno il loro perchè), la pasta frolla finalmente (idem come sopra), la besciamella, le creme, i dolci, il dado di carne e quello vegetale, le marmellate, lo zucchero a velo, le vellutate con ogni tipo di verdura o funghi (spettacolari), la farina di avena e di riso, il purè, il pane di ogni tipo e le verdure al vapore…  si può fare veramente di tutto. Per me non c’è questo gran risparmio di tempo visto che prima la pasta frolla la compravo e ora devo mettermi lì a farla. Idem per la besciamella… sicuramente chi queste cose le fa già in casa invece troverà un enorme risparmio a farle col bimby. Anche per il pane mi sto dilettando a sperimentare diversi impasti con molteplici tipologie di farine… mi rifiuto di cuocerci qualsiasi tipo di carne o ragù visto che, come detto poc'anzi questi vengono bolliti perché il bimby cuoce ad una temperatura massima di 100 gradi (non come il Kenwood cooking chef che invece cuoce a 140 gradi... ma non ha la bilancia elettronica)… insomma alla fine il Bimby è un attrezzo da cucina come può essere la pentola a pressione, o la nonna papera, o il mixer, o il frullatore… è uno strumento per cucinare, tritare, impastare, montare, omogeneizzare come tanti altri… che può aiutare sia quelli che in cucina non sanno far nulla (grazie alla miriade di ricette che si possono trovare o sui libri o on line a prova di incapace), sia chi sa cucinare bene che sicuramente adottando le proprie ricette utilizzando il bimby avrà un notevole risparmio di tempo nell'effettuare certe preparazioni che fatte manualmente richiedono più tempo e olio di gomito. Non sopporto invece quelle che, sicure di essere esperte cuoche, non accettano il bimby a priori… ho sentito frasi del tipo “il bimby è un’offesa per chi sa cucinare” oppure “io la pasta frolla la faccio a mano” “non ho bisogno di un robottino per farmi la marmellata! Io faccio con la pentola”… ovviamente tutte frasi dette con tono sprezzante e snob, quasi a voler far sentire l’interlocutore proprietario del bimby un mentecatto incapace di cucinare… bè io queste persone le paragono a chi nei primi anni 90 accolse l’avvento di Excel come un’offesa alle tradizionali calcolatrici ed ai calcoli manuali ed ora probabilmente quella stessa gente è incapace ad utilizzare persino un cellulare di vecchia generazione… o quelli che dicono che loro, no! Per carità sui social network non ci andranno mai, salvo poi iscriversi su facebook e non poterne fare più a meno domandandosi come hanno fatto fino a poco tempo prima a sputare su un mezzo di comunicazione così potente... il Bimby è uno strumento per cucinare sia che finisca in mano ad una persona incapace, sia che finisca in mano ad un esperto chef... e come il mestolo di legno c'è chi lo sa sfruttare al 100% e chi lo utilizza come soprammobile come tutti gli utensili da cucina... da qui a dire che il bimby è "un'offesa per chi sa cucinare" ce ne passa

venerdì 22 agosto 2014

RAT RACE

Ho un amico che vive a Londra... cosa può esserci di più fantastico che vivere a Londra?? Carriera, opportunità, scelta in tutti i campi... avevo avuto l'opportunità di andare a lavorare a Londra nel 2005 dopo che un head hunter britannico aveva selezionato il mio profilo tramite monster grazie al fatto che avevo inserito nel cv la mia abilità nella gestione dei derivati tramite un software all'avanguardia... avevo fatto due colloqui telefonici: il primo con l'head hunter (che probabilmente ancora mi odia per avere rinunciato al posto), poi con quello che sarebbe dovuto diventare il mio capo... c'era da fare l'ultimo colloquio a Londra... dovevo solo fissare il volo aereo...la persona che mi stava accanto allora mi disse però che non mi avrebbe seguito a Londra, perché non amava particolarmente quella città che era troppo grande, troppo caotica, troppo "professionale" e poco a misura d'uomo... temporeggiai per fissare l'ultimo colloquio, anche perché avevo pure scarsa fiducia nelle competenze che avevo scritto sul mio cv relativamente a quel software e alle mie competenze in materia di derivati... era marzo... qualche giorno dopo le paure della persona che poi avrei sposato si sono trasformate in realtà perché una bomba fu piazzata nella metro londinese... così risposi che ci avevo ripensato e che il mio posto rimaneva in questo paesone che mi ha dato i natali. Ogni tanto ripenso a quello che sarei adesso se avessi accettato di rischiare, mollare tutto e fare quell'esperienza nonostante tutto... il mio amico invece vive a Londra da anni... e io ho sempre provato un po' di sana invidia per lui che ha avuto il coraggio di mollare tutto e partire... ci sentiamo una volta ogni tanto... nella sua ultima mail mi ha parlato della cosiddetta rat race di cui wikipedia dà una eloquente descrizione... si tratta, come per un topo di laboratorio che corre corre corre sulla ruota della propria gabbia, cercando di fuggire al proprio infausto destino, della disperata corsa al nulla che fanno i lavoratori in carriera della city di londra... corrono... corrono tutto il giorno, lavorano fino a notte fonda per poi avere gratifiche minime e vita sociale totalmente sacrificata e praticamente pari allo zero... inizio a provare un po' meno invidia per chi si è spostato a Londra a lavorare anche se comunque quell'esperienza londinese non fatta è, per citare il meraviglioso film OVOSODO, "quella specie di ovo sodo dentro, che non va né in su né in giù, ma che ormai mi fa compagnia come un vecchio amico"

Morgan Nick

approdammo  alla storia di Morgan Nick per caso... Morgan Nick era una bimba di 6 anni che viveva nella provincia americana dell'Arkansas e che una sera del 9 giugno 1995 si era recata con la mamma a vedere una partita di calcio... Voleva catturare le lucciole Morgan con le sue amichette di 6 anni come lei, perciò chiese alla mamma se poteva uscire nel parcheggio del palazzetto dello sport dove si stava tenendo la partita... le era entrata la sabbia nelle scarpe mentre giocava così si era messa in un angolo del parcheggio, vicino all'auto della mamma, per togliere la sabbia dalle scarpe... nessuno dopo questo momento l'ha vista più... Alcuni testimoni hanno dichiarato di aver visto un uomo di un età compresa fra i 23 e 38 anni che l'osservava nel parcheggio.
Da quel giorno i genitori non hanno mai smesso di cercarla.
Non sappiamo perchè questa storia ci abbia particolarmente colpiti ma probabilmente è semplicemente per il fatto che essendo genitori sia inevitabile rimanere toccati da situazioni simili...
Cosa sarà successo a questa bimba che oggi sarebbe una giovane donna di 25 anni?
Perché i suoi genitori non hanno il diritto di sapere che fine ha fatto la propria figlia?
Perchè costringere due genitori ad uno strazio simile che non finirà mai perchè mai si saprà che fine ha fatto quella povera bimba anche se un'idea purtroppo se la sono fatta tutti?
I genitori della piccolina hanno creato una fondazione in nome della figlia... ecco qua il linkhttp://www.morgannickfoundation.com/

La strada chiusa a Monte Morello (provincia di Firenze)

MONTE MORELLO: strada statale chiusa da gennaio 2014 a causa di una frana... pare che ci siano contenziosi su chi deve riparare la strada... chissà se la frana avesse provocato l'apertura di una falla da cui sgorgava petrolio... di sicuro l'esito sarebbe stato diverso... o forse no... comunque di fatto ancora la strada non viene riparata... se poi qualche malcapitato ha deciso di passare il proprio ferragosto in uno dei ristoranti della zona (vedi Caravanserraglio o Vecciolino) attenzione alla strada da fare... il blocco franoso è sempre in agguato... Per il Caravanserraglio conviene passare da Firenze, mentre per il Vecciolino è necessario passare da Sesto sempre che si riesca a trovare la strada giusta subito e non ci si infili nel groviglio di stradine di campagna, alcune senza uscita, che portano inesorabilmente a sbucare oltre la frana costringendo i poveri astanti a propendere per un altro ristorante o tornare a casa imbufaliti a pancia vuota... è quello che è successo a qualcuno di mia conoscenza nel giorno di ferragosto con gran delusione sia di chi doveva andare al ristorante sia dei proprietari del ristorante stesso che si sono visti sfumare diverse prenotazioni all'ultimo secondo. E chissà quando la strada verrà riparataProvincia di Firenze la vogliamo riparare o no questa strada?

Ebola

pareva proprio che ci fosse un'epidemia di ebola dopo che del virus non si era saputo pressochè più niente da diverso tempo... e poi nell'estate i media iniziano a tempestare di notizie relativamente ad un'epidemia di ebola di proporzioni preoccupanti che sta falciando le popolazioni di alcuni stati africani... addirittura si diffondono notizie sul web di contagiati che sono riusciti a prendere l'aereo e sono atterrati nell'occidentalissima Inghilterra e pure negli stati uniti... si diffondono pure notizie allarmistiche da filmone catastrofico americano che dicono che l'ebola è approdato pure in italia... orrore... paura... chissà quanti click ha ricevuto in questo periodo la pagina di wikipedia dove vengono descritti i funesti effetti del virus... poi... magia... miracolo... sia lodato nostro signore.. un medico americano infettato è stato guarito da un vaccino in via di sperimentazione a cui ha deciso di sottoporsi date le sue condizioni disperate, nonostante questo non fosse stato testato sugli uomini ma solo sugli animali... grazie!! Grazie!!! Grazie aziende farmaceutiche che avete lavorato per debellare questa piaga tremenda... 

un momento... 
aspettate...

ma se si scorre negli annuari si vede che anche gli anni passati in Africa si moriva di ebola.. strano... nessuno ne parlava eppure i numeri sono gli stessi di quest'anno... oh... ma... oibò... orsù... ebbè... mi viene un dubbio... sarà mica stata una trovata pubblicitaria per dare risalto alla casa farmaceutica che ha prodotto il vaccino e che solo ultimamente evidentemente è riuscita a produrne uno funzionante??? moriremo con il dubbio e non lo sapremo ma

domenica 20 luglio 2014

C'era una volta

nel regno di Beanladyland due piccoli principini che si chiamavano Rosina e Celestino. Quella mattina Rosina e Celestino erano molto felici perchè sapevano che sarebbero andati sulle montagne del regno di  Littlehouse con i loro amici i principini del regno di SouthBaths. Prima però la loro mamma la Regina sarebbe dovuta andare a trovare la loro Zia, la Regina di Coeur du Leon, nella Zona del dolore dove è fatto divieto per i piccoli bambini di entrare perchè un luogo molto rischioso. Così la Regina lasciò per poco più di un'ora i principini dalla Regina Madre affinchè si prendesse cura di loro. La Regina Madre aveva un leone ed una leonessa a cui il principino tirava sempre la coda e questi scappavano ed andavano a nascondersi dietro le palme del grande parco della Regina Madre. Quando la Regina tornò dalla Zona del dolore, dove aveva trovato la regina di Coeur du Leon che aveva comunicato alla Regina che sarebbe presto tornata nel suo regno, fece fermare la carrozza e fece salire i principini che felici di vederla iniziarono a tempestarla di domande sulla montagna del regno di Littlehouse e su quando i principini di SouthBaths sarebbero arrivati. Questi ultimi non tardarono a raggiungerli e tutti insieme si diressero verso le montagne del regno di Littlehouse. La carrozza era capiente abbastanza da contenere sia la Regina che i suoi due principini, che la Regina del regno di SouthBath ed i prinipini del regno di SouthBath.
Quando giunsero nel Regno di Littlehouse i principini iniziarono a chiedere di potersi recare nella Grande Casa del Cibo per poter mangiare visto che avevano molta fame. Così la Regina chiese al cocchiere di fermare la carrozza. Il cocchiere però volle fermare la carrozza in un viottolo sconnesso e la carrozza stava per cappottare. Tutti i passeggeri della carrozza si impaurirono molto ma per fortuna la carrozza rimase sulle proprie ruote. La Regina si adirò con il cocchiere che si scusò immediatamente dell'errore. ENtrarono nella Grande Casa del Cibo ma la casa sembrava abbandonata... non c'era nessuno...

To be continued

PANZANELLA DEL TUTTOLOGO

Visto che è estate e oggi è stata una giornata particolarmente afosa, visto che a me piace magnà voglio deliziare voi, cari amici del web che siete capitati per caso su questo mio blog magari proprio cercando di capire che cavolo sia la Panzanella, con una ricetta goduriosa che in Toscana si usa fare da maggio a settembre perché è una ricetta veloce, fresca, estiva e bona ma bona ma boona bonisssimaaaa... Il nome non so da che cosa derivi... qualcuno dice derivi da Panzano (paesino alle porte di Firenze), altri dicono che sia la composizione di due parole "pane" e "zanella" (intruglio misterioso dei contadini toscani di tempi remoti)... insomma è un piatto fatto da pane raffermo, tanti ma proprio tanti pomodori, cetrioli e cipolle rosse...
Ecco di seguito la mia ricetta preferita della panzanella (ci sono svariate versioni, alcune blasfeme pure col tonno e la cosa nu se po' sentì, ma questa è quella che prediligo... poi fate vobis):

INGREDIENTI
1 Kg di pane raffermo toscano
8/10 pomodori di medie dimensioni possibilmente bio (in ogni caso vanno bene anche i san marzano o i ciliegini l'importante è che ce ne siano tanti... i pomodori sono la verdura che deve prevalere)
1 cetriolo di grandi dimensioni sbucciato
1 cipolla di tropea grande (o 1 cipolla rossa grande)
10/15 foglie di basilico
sale q.b
basilico liofilizzato q.b. (non necessario)
olio evo
aceto di mele

PROCEDIMENTO
Mette il pane in ammollo un po' prima in acqua fredda in una grande insalatiera (tagliatelo in pezzi grossi e sommergetelo di acqua). Lasciarlo fino a quando sarà ammorbidito ben bene.
Sbucciare la cipolla, tagliarla a metà e immergerla in una ciotola di acqua e ghiaccio. Lasciarla per almeno 15/20 minuti nell'acqua e ghiaccio.
Lavare i pomodori ed il cetriolo e iniziare a tagliarli a dadini e metterli in un'insalatiera.
Strizzare bene il pane in modo da privarlo dell'acqua e metterlo nell'insalatiera dove avete inserito le altre verdure.
Togliere le cipolle da acqua e ghiaccio, sminuzzarle finemente e unirle a pane e altre verdure.
Lavare il basilico, asciugarlo e sminuzzarlo con le mani sopra il pane e le altre verdure. Spolverare con un po' di basilico liofilizzato (se lo avete a disposizione altrimenti non importa).
Condire con olio evo, sale e aceto di mele. Mescolare il tutto e gustare questo saporitissimo piatto!!!

Io ci metto tanto tanto olio, e abbastanza aceto (ma a me piace l'aceto!), una bella spruzzata di sale (visto che il pane toscano il sale non ce l'ha)...

Bona bona bona boooonaaaaaa


It is summer and today it was a particularly hot day. I like to eat very much and I want to delight you with the PANZANELLA recipe. This is a recipe that we Tuscan people do from may to September because it is a quick, fresh and extremely good recipe

Actually I do not know the origine of the name Panzanella. Someone says it derives from the small town of Panzano near Florence, someone else says it is a word composed by two other words: PANE(which means BREAD) and ZANELLA (which is a strange mixture eaten by tuscan farmers of medieval times)
Anyway it is a dish made up by bread, many many many tomatoes, cucumbers, red onion (possibly Tropea onion), and apple vinegar.
Here I will post my favourite Panzanella receipe (there are different versions… some of them are even with tuna fish which is an offense to the original dish in my opinion!!!)

INGREDIENTS
1 Kg of Tuscan bread (possibly 2 or 3 days old)
8/10 medium size tomatoes (San Marzano or Ciliegini or whatever you want but you have ti put many many many tomatoes)
1 big cucumber without zest
1 big size tropea onion (or 1 big red onion)
10/15 basil leaves
salt
dry basil (if you have it buti t is not necessary)
Extra virgin Olive Oil
Apple vinegar

PROCEEDING
Put bread in a bowl and cover it completely with cold water(cuti t into two or three pieces). Leave it in the water untili t will soften.
Peel the onion, cut it in two pieces and put it in a bowl with water and ice. Leave the onion for 15/20 minutes in water and ice.
Sbucciare la cipolla, tagliarla a metà e immergerla in una ciotola di acqua e ghiaccio.
Wash tomatoes and cucumber and cut them in small dices. Put them in a dry and large salad bowl

Squeeze the bread so that it looses all the water, and put it in the large salad bowl wit tomatoes and cucumbers.
Take the onions, cut them into small pieces and put them in the bowl with the other vegetables and bread.
Clean basil, dry it and cut it with your hands (don’t use knife!). Put it in the salad bowl together with the other ingredients. Sprinkle some dry basil (if you have it otherwise it does not matter).
Sprinkle oil, salt, and apple vinegar on the ingredients. Melt everything together and taste it! It is GREAT




lunedì 6 gennaio 2014

Filli Levasti (Fillide Giorgi Levasti)

Nasce a Firenze nel 1883 muore il 24 settemnre 1966. Si diploma all'Accademia di Belle Arti di Firenze e poi continua a studiare sia dal vero che nelle Gallerie e nei musei. Espone in diverse mostre collettive e personali in Italia e all'estero. Le sue opere si trovano in varie gallerie e collezioni private (fra cui peraltro quella dell'esimio professor Cipriano Robusti Anguissola).

Diceva di lei Giovanni Previtali nel 1959 "Sappiamo quanto lento sia stato, da parte della cultura artistica italiana, l'assorbimento delle conquiste artistiche dell'impressionismo francese e come, ancora una quarantina di anni fa ed anche meno, fosse accanitamente discussa la validità di quella grande tradizione naturalistica (si ricordino i giudizi negativi di Oppo, Ojetti, Thovez). Assorbimento lento da parte dei critici, ma ancor più lento, se possibile, da parte dei pittori. Da chi quella tradizione rifiutava in nome di una non meglio identificata tradizione nazionale (Oppo, Sartori, Ferrazzi) a chi, per lo meno più aggiornato, l'assorbiva per vie traverse; via Gauguin e mescolandovi parecchio Liberty, come Modigliani e, per un certo periodo, Gino Rossi, oppure orecchiando le misinterpretazioni cubiste della pittura di Cézanne, come i futuristi.
Pochi ebbero lo sguardo tanto acuto da individuare, nel caos dei tanti movimenti d'avanguardia e delle tante interpretazioni della storia "ad usum delphini", quale fosse il filone buono, quale la sola tradizione di pittura viva e valida. E' appena il caso di ricordare, tra questi pochi, i nomi di Tosi, Carrà, Morandi e, più tardi, Chiesa e Menzio, Semeghini, De Pisis, Scipione e Mafai.
Filli Levasti, per forza di cultura (quanti seicentismi olandesi meditati in pieno periodo di mania per i primitivi toscani!) e intelligenza di artista, ha saputo essere di quei pochi; ha saputo riattaccarsi direttamente alla grande tradizione naturalistica quale era giunta a maturarsi in Cézanne (vedi le Mele del 1917 o la Veduta di Rorà del 1920); è grazie all'aver profondamente capito il valore  di questa tradizione che la Levasti ha saputo sempre evitare quelle secche del primitivismo (da Rousseau al Carrà giottesco) che pure ha, alle volte costeggiato; Ella, senza mai cedere alla tentazione di voler essere "à la page", ha concentrato la sua meditazione pittorica nell'approfondimento della sua sensibilità per i valori di atmosfera e di colore; quella sensibilità che, violenta dapprima ed amante degli accostamenti di tinte cariche ed urlanti, si è raffinata poi fino a raggiungere la luce trasparente ed i toni delicati che rendono preziose di colore le vecchie case comntadine e gli angoli di città silenziose dei quadri dal '30 al '40 in cui, a me pare, la Levasti ha raggiunto la sua più piena maturità di artista.
In sede di valutazione storica si può ammettere senza falsi pudori che nella stessa cultutra, ché scuola non è, rientrino a buon diritto altri pittori, come Carrà, Soffici, Rosai. Infatti, proprio nel ritrovare nella produzione di un artista gli apporti coerentemente trascelti di una tradizione vitale e nel riconoscere in essa comunanza d'intenti con quella dei buoni pittori contemporanei, sta la prova della sua validità in sede storica oltre che estetica. Non vediamo forse, che coloro stessi che si sforzano, con assurdo sforzo, di rifiutare tutte le tradizioni, finiscono poi, volenti o nolenti, per riattaccarsi alla meno elevata delle tradizioni, alla più elementare, quella delle arti decorative ed industriali? Non vediamo anche come quei pittori che rifiutano disperatamente ogni comunità di cultura con i contemporanei siano poi costretti, per farsi riconoscere dall'amatore, ad adottare un marchio di fabbrica, una cifra più rigida di quella bizantina? E poi, anche in quel contesto di scuola toscana del novecento, quanti quadri sono più riusciti e più sinceri del Giardino e Case (1934), del Cortile (1936), o di quel Giardino sotto la pioggia (1930), che sarebbe certo piaciuto a Matisse? Con in più una tenacia nel proseguire la via intrapresa, una tranquilla coscienza ed una orgogliosa fermezza senza tentennamenti, un esempio di coerenza morale insomma, forse poco allettante da seguire per chi punta direttamente ai riconoscimenti ufficiali, ma invece da meditarsi da chi sappia vedere i genuini valori di umanità e di poesia che ne sono scaturiti"

Il Previtali f grande amico della famiglia della Levasti e creò su di lei un carteggio del quale negli anni '80 entrò in possesso la Biblioteca Marucelliana di Firenze. Tale epistorio era veramente prezioso: erano presenti centinaia di appunti e lettere dei maggiori scrittori, musicisti e personaggi del mondo politico e culturale del tempo con cui la Levasti fu in rapporto di amicizia e conoscenza. Emersero nomi di primissimo piano: Vittorio Gui, Luigi Dallapiccola, Giovanni Costetti, Primo Conti, Giorgio Settala, Piero Calamandrei, Corrado Tuminati, Bruno Cicognani, Giovanni Papini, Marino Moretti, Eugenio Garin, Giuseppe Antonio Borgese, Piero Jahier, Raffaello Ramat. E ancora Prezzolini, Prampolini, Devoto, Fernando Previtali, Armando Nocentini, Luisa Becherucci, Emilio Cecchi, Barfucci.
Un carteggio che, risultò subito, poteva consentire una riscoperta della personalità della feconda artista così poco indagata nel passato. Partendo da tali documenti era possibile proporre una rivisitazione di questa pittrice che appartenne a tante associazioni culturali e artistiche (fu la prima donna nominata accademica delle arti e del disegno) e fu sempre molto apprezzata dagli intellettuali anche se non ottenne quel successo di pubblico che i suoi coloratissimi dipinti, un po' naif e improntati ad un realismo intriso di poesia e di quotidianità fiorentina, invece meritavano. Era una grande artista ma donna e, si sa, nel passato le donne-pittrici dovevano fare i conti con il pregiudizio.
A Firenze ed in Italia Filli vendeva le sue opere nella cerchia degli amici; un mercato più vasto lo ebbe soltanto in Germania tra il 1923 ed il 1940. Ma produsse molto.
La Marucelliana cercò di fare un censimento delle sue opere anche con un appello lanciato attraverso il quotidiano La Nazione con cui si riucsì a rintracciare circa 300 dipinti tutti schedati, insieme ai documenti di carteggio che ad essi si riferivano, nel catalogo finanziato dall'allora Cassa di Risparmio di Firenze che possiede alcuni dipinti della Levasti.
Un quadro di Filli Levasti, appartenente alla Galleria di Arte Moderna di Roma (quella fiorentina ne contava sei) era a Palazzo Madama nell'appartamento privato del presidente del Senato 8questo negli anni '80 ancor prima di Tangentopoli... chissà che i nostri beneamati politici non se lo siano venduto giusto per arrotondare quei miserabili stipendi che si prendono... poveri.. poveri... poveri politici italiani).